Di tutto un po'

RADIO E ASCOLTI: SPUNTI DI RIFLESSIONE

Sono usciti i dati di ascolto annuali e semestrali diffusi dal panel RadioTER (li potete trovare qui, nell’ articolo come sempre ottimo ed esauriente dell’amico Nicola Franceschini su FM-World). Anche questa volta, non è certo una novità, cantano tutti vittoria, perché se perdi la battaglia, trovi sempre e comunque un dato per dire che l’hai vinta, un po’ come avviene sempre dopo le elezioni. Rimane il fatto che, come sempre, hanno vinto realmente in pochi, e sono tante le radio che hanno perso ascolti.

Una situazione che è un po’ figlia dell’attuale momento della radio, che si trova in un limbo dal quale non vuole, o probabilmente non sa uscire. Perché è un media considerato “vecchio”, dai più giovani forse addirittura superato, che cerca di vivere una sua nuova vita sempre più connesso ai social. E magari con l’ausilio del video, la famosa “Radiovisione” che però toglie alla radio l’immaginazione, cosa gravissima a mio avviso, e per di più leva quella spontaneità che deve “uscire” dall’altoparlante della radio. Sì, perché se ascolti la radiovisione… alla radio, ti dà l’idea che ti manchi qualcosa, che non ci sia. E invece, l’ascolto radiofonico dovrebbe darti tutto, come avveniva con Gran Varietà, l’apoteosi dell’immaginazione per l’ascoltatore: la Sala A, il pubblico, i grandi big davanti a un palcoscenico…ecco, nulla di tutto questo. Frammenti registrati in un piccolo studio, sapientemente montati con tanto di effetti dal grande Federico Sanguigni con i tecnici del suono.

Che cos’è oggi la radio?

Dico ormai da tempo che la radio è diventata qualcosa di diverso, e spesso penso che sia perché alcuni manager non hanno vissuto per motivi anagrafici l’epopea, e quindi non comprendono in pieno l’essenza del mezzo, o almeno di quello che è stato questo media almeno per una settantina d’anni, in particolare quando sbocciarono le radio libere, ma anche prima. Avrebbe dovuto essere la radio a tenere le redini con i social, invece spesso avviene l’esatto contrario. Le integrazioni con l’automazione radiofonica che ha dato un grande aiuto alla messa in onda delle emittenti grandi e piccole, hanno portato a questo rovescio della medaglia, la cui colpa è certo dell’uomo e non delle tecnologie.

Oggi è difficile trovare una trasmissione radiofonica nel vero senso della parola tra le emittenti più importanti. Ce ne sono, alcune resistono nonostante la presenza delle webcam: per esempio l’immarcescibile “Ruggito del Coniglio” di Radio 2 è riuscito nell’operazione di cambiare senza stravolgersi. Questo si deve alla grande intelligenza di chi ne è alla guida, ossia Dose, Presta e il regista Restuccia. Poi ci sono trasmissioni che di base sono interessanti, che hanno avuto idee geniali come quella di osservare i “fuori onda” creando di fatto due format distinti della stessa trasmissione, uno radiofonico l’altro televisivo, e questo è il caso di “Deejay chiama Italia”. Il difetto principale del programma di Linus – qui sta la differenza ad esempio con i “Conigli” – è che ci sono dei momenti in cui ti sembra di avere già ascoltato la trasmissione. Difficile preparare un programma sempre nuovo, ma si potrebbe fare magari più attenzione a certe situazioni che si ripetono troppo.

Poi c’è la radio “urlata” e “sguaiata” che purtroppo ha fatto danni e proseliti anche a livello locale, là dove le emittenti regionali esistono ancora. Poco da dire: è uno specchio di quello che siamo oggi, come dimostrano i social. Sarebbe bello che la radio, e la tv, tornassero a educare anziché rincorrere, ma la paura degli ascolti blocca tutto tranne qualche lodevole eccezione. Fermo restando che qualche editore ama questa deriva, e allora c’è davvero poco da fare…

Ci sarebbe anche il discorso dei contenuti e delle scelte musicali che spesso si somigliano, e dove ci si distingue magari non c’è la qualità del conduttore a supportarle, oppure le radio parlate troppo frivole o al contrario troppo faticose da sentire… Spesso chi fa la radio non si mette dalla parte dell’ascoltatore, parla più a se stesso che a chi sente. Quando qualcuno il contatto lo cerca e lo trova, cambia il mondo: mi viene sempre in mente il mio amico Sergio Mancinelli, sterminata cultura musicale, voce da doppiatore, trasmissioni gradevoli e mai scontate come la sua “Dodici79” su Radio Capital dove rispolvera tutti i vinili usciti entro la fatidica data del 31 dicembre 1979. Lo fa senza parlarsi addosso, spiegando, raccontando, ascoltando quello che scrivono gli ascoltatori. È radio: antica? Non credo… è divulgazione attraverso la radio, senza essere pesanti o depositari di qualche cosa.

Il DAB ancora…oggetto (quasi) misterioso e una FM che non molla

Altra considerazione: gli esperti continuano a cercare di dare la vecchia modulazione di frequenza come morta e sepolta, ma non è così. Si capisce che c’è la necessità di spingere il DAB, ma occorre fare attenzione. Porto qui due esperienze, una nota, l’altra mia personale: in Norvegia, dove lo switch-off è già stato fatto, ci si è resi conto di essersi mossi troppo presto, come un anno fa spiegava questo articolo di newslinet. Probabilmente, quando è stata presa questa decisione di eliminare l’FM in favore del DAB, qualche solone già fantasticava sul fatto che i norvegesi erano avanti e gli altri – cioè noi – ancora all’età della pietra. Ma con la pietra ci si costruiscono ancora le case… e la voglia di cambiare inizialmente si è ritorta contro chi si è mosso prima degli altri. Poi, chiaramente, ci si adegua a tutto.

La mia esperienza personale: io, da buon addetto ai lavori, ho naturalmente anche un apparecchio DAB+. Il suono è pulito, anche se qualche emittente tipo la Radio Vaticana ogni tanto si “sgancia” come se il collegamento digitale mancasse per pochi istanti, l’equivalente del vecchio fruscio analogico.

Ho scoperto dopo mesi che il segnale di un’emittente… non era il suo. Ossia, ti sintonizzavi e sentivi… un’altra radio dello stesso gruppo. Ripeto: erano passati dei mesi, e per fortuna avevo una persona cui poter segnalare questa situazione. Ma mi ha fatto specie che nessuno lo avesse fatto prima. Questo fa capire come il DAB debba ancora “entrare nel cuore” degli appassionati di radio. Adesso si capirà se entrando intanto nelle loro auto, “di serie” nelle autoradio, cambierà qualche cosa, ma l’impressione è che la cara vecchia FM, con tutti i suoi difetti ma anche qualche pregio, resisterà ancora per un pochino.

Prende piede, soprattutto nelle case, l’ascolto della radio attraverso la televisione. Attenzione, è una cosa diversa dalla “radiovisione”. Il segnale del digitale terrestre viene utilizzato per la diffusione di alcune tra le principali emittenti radiofoniche, pubbliche e private. Siccome ormai le radioline stanno diventando oggetto di modernariato, questo è un sistema che si usa per sentire la radio in casa, lasciando il resto… alla propria vettura.

Conclusioni

In definitiva: la radio sta cambiando, ma non ha ancora capito come. Le emittenti, e i grandi gruppi, cercano di intercettare il cambiamento, intanto tentano di decifrarlo anche attraverso i dati di ascolto, litigando ogni tanto sui metodi di rilevamento, litigiosità comune agli altri settori della nostra società di oggi. Eppure, l’operazione sarebbe ancora semplicissima, volendo: una persona che parla ad un microfono, qualcuno che l’ascolta. Senza tante mediazioni o brainstorming…

Buon ascolto a tutti.

Davide Camera

Categorised in: Editoriali, Radio

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