Ci sono personaggi che hanno cambiato la radio in Italia, e molti di essi vengono giustamente celebrati anche in vita, come Renzo Arbore. Altri, pur avendo avuto ruoli rilevanti, rimangono maggiormente sottotraccia, pur essendo stati dei veri innovatori, anche geniali.
Uno dei grandi innovatori della radiofonia, a partire dagli anni Sessanta, fu sicuramente Federico Sanguigni, spentosi la scorsa notte a Roma all’età di 90 anni: era il regista di Gran Varietà, che possiamo definire il primo vero e proprio “spettacolo virtuale” trasmesso alla radio la domenica mattina.
Sanguigni ne fu l’autentico motore, l’uomo che metteva insieme diversi frammenti, di registrazioni, di testi, di dialoghi tra artisti fisicamente lontani tra loro, quando non c’era internet e quindi occorreva spostarsi fisicamente con tecnici e registratori, per andare a registrare per esempio Johnny Dorelli in qualche albergo lontano, perché in tournée in giro per l’Italia, e magari Monica Vitti che stava dall’altra parte dello Stivale perché impegnata in un film: il risultato per il pubblico era straordinario, sembrava recitassero una scenetta insieme, davanti al palcoscenico della Sala A, di fronte al pubblico. Si trattava di quella che nei film si chiama “colonna separata” e che non a caso Sanguigni mutuò dal doppiaggio dove aveva lavorato.
Gran Varietà si registrava in un piccolo studio, la Sala M di via Asiago, e si montava tutto in regia, ma la simulazione era talmente perfetta che un giorno il direttore generale della Rai Ettore Bernabei chiese due biglietti per assistere alla trasmissione, e questa è storia che mi fu confermata sia dallo stesso Sanguigni che da Maurizio Riganti, il grande funzionario della radio che mise in pratica l’idea originaria di Luciano Rispoli e firmò altri programmi rimasti nella storia. Ma il motore, l’uomo che realizzava il programma e lo rendeva radio, da cima a fondo, era Federico Sanguigni.
Prima di approdare alla radio italiana, negli anni Cinquanta si era fatto le ossa alla BBC per circa un anno; tornato a Roma si occupò inizialmente di vari programmi minori, ma poi passò alle trasmissioni serali come il “Talegalli show”, spettacolo di Alberto Talegalli, grande artista comico prematuramente scomparso. Quindi arrivarono i varietà nella sede di Milano e alla fine, nel ‘59 ci fu il ritorno a Roma, in una radio che si doveva ripensare e che però lo fece solo a partire dal 1966, quando al posto del direttore storico Giulio Razzi – che era ancora quello dell’Eiar – arrivò l’intellettuale illuminato Leone Piccioni.
Sanguigni, estremamente pignolo nella realizzazione di Gran Varietà, non delegava ad altri le trasferte ma andava lui stesso a registrare i blocchi di trasmissioni degli ospiti fissi in giro per l’Italia, per curare anche i dettagli, dalle insonorizzazioni alla qualità del suono che doveva essere assolutamente credibile. Uno dei suoi dettami era che tutti dovessero recitare con un tono da palcoscenico anche se si trovavano in un piccolo studio di via Asiago o in un albergo ovunque in Italia o all’estero, perfino un paio di volte a Parigi per registrare gli interventi di Ugo Tognazzi. Il risultato era assolutamente credibile, tanto che una volta Raimondo Vianello, che fu con Johnny Dorelli uno dei principali conduttori della trasmissione della domenica mattina, raccontò che quando presentava gli veniva naturale immaginare di trovarsi su un palcoscenico, emozionandosi. Lo stesso Dorelli, che vide praticamente nascere la trasmissione, fu quello che la amò di più insieme con Domenico Modugno, secondo il racconto dello stesso Sanguigni.
A Gran Varietà parteciparono proprio tutti, tranne Sophia Loren, a causa di una lunga anticamera che indispettì non poco Sanguigni.
Il piacere di fare questa trasmissione, per Federico Sanguigni, fece sì che per molti anni rimase alla radio e non fece il “salto” in televisione, come gli chiedevano di fare molti artisti che partecipavano al programma. Invece passò al piccolo schermo nel 1978, contribuendo alla gestazione della Terza Rete televisiva, salvo poi tornare come funzionario nel 1982 alla radio dove inventò “Varietà, varietà”, uno sviluppo della storica trasmissione ma questa volta con il pubblico vero. Dirigente dal 1987, Sanguigni ideò e gestì diversi programmi di intrattenimento e servizio per Radio1. Nel 1997 l’ultima fatica radiofonica, da collaboratore esterno, fu un cerchio che si chiudeva: regista e coautore di Stasera a via Asiago 10, un programma di Umberto Broccoli, figlio di quel Bruno che con Amurri, Jurgens e Verde, era stato uno degli autori di Gran Varietà.
Se tante generazioni hanno amato Gran Varietà dal 1966 al 1979, quando ormai Sanguigni aveva ceduto da un anno la regia ad Umberto Orti, devono questo miracolo soprattutto a questo personaggio, che prima dei computer e delle diavolerie tecniche che oggi renderebbero questo lavoro molto più agevole, si era inventato il varietà virtuale, che esaltava lo specifico della radio, quello che oggi molti editori tendono a dimenticarsi aggiungendo il video: suoni, voci, musica, rumori, in pratica colore, immaginazione, empatia con chi ascolta. Uno spettacolo dal vivo, anche se in realtà lo era solo nella nostra percezione: registrato a pezzi, montato, virtualizzato. Da Federico Sanguigni, genio della radiofonia.
I funerali di Federico Sanguigni si svolgeranno mercoledì 9 febbraio alle 12 a Roma, nella Chiesa degli Artisti in Piazza del Popolo.
Davide Camera