Esiste da anni, si chiama home studio. Oggi, in questo periodo di emergenza coronavirus, può rappresentare la rivincita del mezzo radiofonico, che si riscopre, si reinventa e diventa empirico come ai tempi delle radio libere degli anni Settanta. La differenza sono le tecnologie, ormai a disposizione di chiunque.
Anni fa per effettuare un collegamento esterno in diretta servivano apparecchiature particolari, poi arrivò la linea ISDN, ma la vera svolta arrivò con le connessioni veloci via internet. Logica voleva però, soprattutto per le radio più importanti, sia nazionali che regionali, che ci fosse un luogo fisico, una sorta di “stazione principale” da cui si andava in onda. Mentre molti attrezzavano dei propri studi di registrazione casalinghi, anche buoni, per registrare i loro programmi, la mentalità era ancora quella che andare in onda dallo studio della radio fosse tutt’altra cosa.
Era diverso anche il clima: una volta serviva il contatto fra le persone, anzi era indispensabile per i nuovi, perché imparavano da chi faceva la radio da anni. Oggi la qualità radiofonica è purtroppo diventata qualcosa di più relativo, anche se esempi di professionalità esistono ancora in questo settore. Tra l’altro è ancora difficile far capire a qualche addetto ai lavori dei tempi passati, che oggi il conduttore radiofonico tranne rari casi non è assolutamente libero di andare in onda come vuole, e deve seguire rigidamente quanto deciso in termini di palinsesto. Magari deve dare la notizia indicata da altri autori, nel tempo previsto per quell’intervento, oppure limitarsi a riannunciare la canzone in scaletta che ha annunciato e riannunciato chissà quante volte…
Il coronavirus cambia per forza di cose questa logica: dalla radio, che a questo punto è un baluardo importante anche “stando a casa” e non solo per chi si muove in auto, si cercano le cose che la televisione non riesce a dare tutte insieme. La radio, agilmente, può: musica, intrattenimento, informazione.
I software di messa in onda consentono i collegamenti in diretta da fonte remota, che a questo punto può essere anche la propria abitazione privata, purché si abbia un discreto microfono adatto allo scopo, una connessione internet che sia buona e ovviamente un luogo abbastanza insonorizzato per non sembrare di parlare… dal bagno di casa, come si diceva sempre scherzando quando il riverbero era eccessivo.
I più appassionati sono già attrezzati con una buona catena – audio, che avete capito? – con tanto di microfono, mixer, computer dotato di scheda audio professionale, e a quel punto davvero è poca la differenza anche se si trasmette in diretta da remoto. Volendo, con quel tipo di situazione si può realizzare l’intera trasmissione senza muoversi di casa.
Questo, in realtà, è possibile da anni. Le webradio spesso nascono proprio a casa di chi le ha fondate, risolvendo il problema di trovare uno spazio, un appartamento, adattarlo allo scopo e ovviamente spendere dei soldi per un’operazione che quasi sempre non ha ritorno economico.
Ora, con l’emergenza del coronavirus, anche le radio principali, comprese quelle che aborrivano l’home studio ma non le esterne dai locali da ballo, improvvisamente scoprono questa possibilità di andare in onda come la panacea di tutti i mali. E – azzardiamo – magari penseranno più spesso di utilizzarla anche quando tutta l’emergenza sarà finita.
Non sappiamo quale sarà il futuro della radio: sappiamo che, come mezzo “smart”, oggi si dice così ma in realtà lo era anche prima che esistesse questa definizione, adesso è tornata al centro dell’attenzione. E vi garantisco, facendolo ormai da anni e ora per Radio7, che anche da casa si possono fare ottima radio e ottime dirette, anche di carattere giornalistico. I mezzi ci sono, anche a prezzi economici: la qualità parte tutta dalla nostra testa… alla fine, più degli strumenti, contano le persone. Sempre, in ogni campo.
Davide Camera